Metalli tossici una minaccia per la salute

In generale si definiscono metalli pesanti quei metalli con numero atomico superiore a quello del ferro, con una densità molto elevata, presenti nella crosta terrestre.

Alcuni di questi elementi fanno naturalmente parte di noi, essendo presenti in tracce, come rame, selenio e zinco.

Certi fenomeni naturali come le eruzioni vulcaniche, gli incendi boschivi e le maree contribuiscono alla ciclizzazione naturale dei metalli pesanti, l’uomo però, attraverso i processi industriali, può alterare il ritmo di rilascio e di trasporto di questi minerali nell’ambiente.

Tra i metalli pesanti, si definiscono tossici quelli dannosi per l’organismo e possono essere presenti nei cibi, nelle bevande, nell’acqua potabile, nell’aria, nei cosmetici, nei prodotti per la pulizia della casa, nelle vernici, negli inchiostri, nei vestiti, nell’emissioni industriali e degli autoveicoli, nelle pile, nelle batterie dei cellulari, nelle lampade fluorescenti, nelle otturazioni dentarie. Si stima che solo negli ultimi 150 anni, sia cresciuto di mille volte il carico dei metalli tossici che dall’ambiente esterno penetrano e restano depositati del nostro organismo. La velocità dell’industrializzazione e dell’immissione sul mercato di sostanze chimiche, non ha permesso al corpo umano di adattarsi e di evolvere i propri processi di eliminazione. Basti pensare che più di 1.000 nuove sostanze chimiche sono prodotte ogni anno, più di 300 sostanze chimiche di sintesi sono state trovate nei tessuti e nelle secrezioni umane (incluso il latte materno), ogni anno vengono prodotte a livello mondiale 400 milioni di tonnellate di sostanze chimiche di sintesi di cui quasi 10mila di esse sono da considerarsi nocive e talvolta possono essere causa di cancro. È praticamente impossibile non entrare in contatto con queste sostanze, che nel lungo periodo tendono ad accumularsi negli organi vitali, come ossa, fegato, reni, cervello e nel tessuto connettivo e adiposo, interferendo con moltissime reazioni enzimatiche.

Purtroppo i metalli tossici non possono essere metabolizzati e nel corpo umano non ci sono enzimi in grado di degradarli, pertanto non verranno mai trasformati in una sostanza non-metallica.

Il corpo riesce ad espellere solo parzialmente delle sostanze che contengono metalli tossici, legandole ad una proteina specifica e quindi espulse dai reni, ma l’affinità dei metalli tossici per queste proteine è variabile.

Quali sono i metalli più pericolosi?

È bene fare una precisazione sulla terminologia, in quanto parlando di intossicazione spesso si sente parlare di metalli pesanti, ma non è corretto, in quanto un metallo pesante può essere dannoso o indispensabile per l’organismo a seconda del dosaggio (ad esempio ferro, rame, zinco).

Contrariamente ci sono metalli che a prescindere dal dosaggio sono pericolosi e inutili per l’organismo, ovvero tossici ed è di questi che ci occupiamo in questo articolo. Sono circa 35 i metalli tossici di cui preoccuparsi, ma sicuramente quelli con maggiori studi comprovanti la correlazione tra intossicazione cronica e rischi per la salute sono: piombo, mercurio, alluminio, arsenico, cadmio.

Sintomi riconducibili a un’intossicazione cronica da metalli tossici

Fra le sintomatologie che possono far pensare ad una presenza di metalli tossici nell’organismo vi sono manifestazioni a carico del sistema nervoso e della memoria come insonnia, sbalzi di umore, irritabilità e amnesia, sintomi fisici e muscolari come la stanchezza cronica, spossatezza, debolezza, spasmi, crampi, atrofia ma anche sviluppo di sintomi respiratori come l’asma o disturbi acuti come la cefalea e le nevralgie. I metalli tossici possono determinare inoltre problematiche a livello dell’apparato gastroenterico con sviluppo di inappetenza, nausea, alitosi, dolori addominali, diarrea, stitichezza con conseguente alterazione della flora batterica e un abbassamento delle difese immunitarie che possono portare ad allergie e manifestazioni cutanee.

I minerali tossici possono causare un minore assorbimento dei minerali nutrienti intervenendo nei processi di mineralizzazione, ad esempio l’alterazione del rapporto tra calcio e piombo come indicatore di fragilità ossea.

Molte di queste sintomatologie sono attribuibili anche ad intossicazioni acute, ovvero quando si entra in contatto con un metallo tossico in grosse quantità, ma in questo caso in presenza di sintomi marcati e improvvisi è bene recarsi immediatamente in ospedale.

Talvolta le intossicazioni croniche da metalli pesanti sono asintomatiche e si manifestano dopo molti anni, quindi sarebbe utile anche in condizioni di buona salute, fare un’analisi per la valutare il grado di intossicazione.

Il mineralogramma, una valutazione preventiva

Il mineralogramma (noto anche come Analisi Minerale Tissutale, dicitura spesso riportata in lingua inglese, Tissutal Mineral Analysis, TMA) è un’analisi di laboratorio che può essere effettuata su un piccolo quantitativo di annessi cutanei; generalmente viene utilizzato un campione di capelli presi nell’area nucale, ma il test potrebbe anche essere eseguito con i peli pubici, ascellari, toracici, frammenti di unghie. Il mineralogramma viene utilizzato per determinare il livello di minerali intracellulari presenti nell’organismo nei 3 mesi antecedenti l’indagine.

Il mineralogramma è stato sperimentato per la prima volta dal medico statunitense Clivet e nel 1979 l’EPA (Environmental Protection Agency) ente federale americano preposto alla tutela ambientale, ha riconosciuto scientificamente accettabile questa metodica per la rilevazione di minerali tossici nell’organismo.

Nel mineralogramma vengono presi in esame ben 37 minerali, sia essenziali che tossici, e i valori ottenuti sono elaborati secondo i parametri ideati dai maggiori studiosi del campo, quali Paul Eck, David Watts e George Watson. L’analisi dei rapporti tra i minerali tossici e i nutrienti è fondamentale per capire quali sono le reazioni biochimiche soggette ad eventuali squilibri, il carico tossinico, l’attività metabolica, la produzione energetica e la risposta del sistema nervoso agli agenti stressogeni.

Con il mineralogramma si valuta l’attività all’interno della cellula, ma non come un semplice elenco di minerali buoni e cattivi, ma come un’intepretazione dinamica degli equilibri tra questi e la loro complementarità, permettendo di identificare la predisposizione funzionale di un organismo a sviluppare determinate problematiche. I rapporti tra elementi presi in esame sono una trentina, fra cui il rapporto tra calcio e magnesio (CA/MG) che indica il metabolismo glucidico, oppure il rapporto tra sodio e potassio (NA/K) che attesta la vitalità e la risposta allo stress cronico.

Che differenze ci sono con l’esame del sangue?

Spesso ci si chiede che differenza c’è tra la valutazione dei minerali a livello ematico e quella del capello, e la risposta è da ricercare nel tipo di tessuto analizzato.

L’analisi del sangue è una fotografia dello stato dei minerali in quel preciso momento, suscettibile a diversi fattori contingenti, come ritmi circadiani, infiammazioni acute o croniche, attività fisica e la ricerca intrinseca dell’omeostasi, pertanto si valuta il profilo dei minerali a livello extracellulare.

Il capello ha un ricambio più lento rispetto al sangue e funge da “registratore” del metabolismo intracellulare, trattenendo con la sua crescita le sostanze con le quali è venuto a contatto negli ultimi mesi, pertanto è normale non riscontrare una corrispondenza di valori tra i due tipi di analisi.

Il mineralogramma è fondamentale come valutazione preventiva e “prediventiva” di quello che poi accadrà a livello extracellulare.

Perché eseguire il mineralogramma

Il mineralogramma è utile in fase preventiva per identificare la predisposizione dell’organismo a sviluppare una determinata disfunzione, in base al rapporto fra i minerali e la tipologia metabolica, mentre in presenza di una sintomatologia aiuta ad individuare la possibile causa di un malessere dovuta alla presenza di metalli tossici o alla carenza di minerali nutrienti.

Inoltre il test permette di stabilire la capacità di produzione energetica e di risposta allo stress della persona e quindi di determinare il vitalismo e con esso il potenziale di autoguarigione dell’organismo.

Valutando tutti questi parametri è possibile comprendere come riequilibrare il rapporto dei minerali nutrienti e favorire la chelazione, ovvero l’eliminazione dei tossici, attraverso l’utilizzo di nutraceutici mirati e consigli sullo stile di vita, al fine di ridurre il più possibile il contatto con queste sostanze, che sono una vera minaccia per la nostra salute.

Il mineralogramma rientra nello spettro delle metodologie utili per fare prevenzione, ovvero comprendere anticipatamente eventuali squilibri funzionali, prima che la problematica si manifesti a carattere patologico.

Bibliografia: La terapia chelante, Fiamma Ferraro, Macro Edizioni. Guida a schede per la lettura analitica professionale dell’analisi minerale tissutale del capello, Fabio Ambrosi.

· Alessandra Cattaneo