L’apparente frammentazione dell’universo

Nel 1935 Albert Einstein, profondamente scontento dell’interpretazione ortodossa che veniva data alla fisica quantistica, assieme ai suoi collaboratori Boris Podolsky e Nathan Rosen ideò quello che ora è conosciuto come il paradosso EPR (dalle iniziali dei tre scienziati citati).

I tre fisici presero in considerazione due particelle che avevano interagito tra loro e previdero che, se portate ad una grande distanza l’una dall’altra, in base alle leggi della teoria quantistica, tali particelle avrebbero comunque mantenuto un collegamento inspiegabile in termini di scambio di segnali elettromagnetici.

Infatti, le onde elettromagnetiche, per quanto estremamente veloci, non possono rendere conto dell’istantaneità con cui le due particella interagiscono.

Questa situazione viene indicata con il termine inglese entanglement, dal verbo entangle, che significa aggrovigliare. Se all’inizio Einstein la propose solamente come una conseguenza paradossale e inaccettabile di una teoria a suo parere incompleta, in seguito si dimostrò sperimentalmente che l’entanglement è, invece, reale e addirittura utilizzabile nella progettazione e nella realizzazione di tecnologie innovative.

Grazie all’entanglement, infatti, è stato possibile sviluppare la crittografia quantistica, il teletrasporto quantistico di informazioni e il computer quantistico, tutte realtà attualmente presenti non solo nei laboratori di ricerca ma anche sul mercato.

Se apparentemente le due particelle in stato di entanglement sembrano essere entità separate e indipendenti, in realtà non lo sono e l’unico requisito per questo loro legame è che abbiano avuto un’origine comune o che abbiano interagito per un breve intervallo di tempo.

Come conseguenza di tale interazione iniziale, sono collegate a livello profondo e si comportano come se fossero un’unica particella.

E forse lo sono veramente, come ha suggerito il fisico americano David Bohm nella sua metafora dell’acquario: attraverso due monitor un osservatore analizza il comportamento di due pesci che inspiegabilmente, si muovono in modo del tutto sincrono.

Il mistero si chiarisce subito quando vengono aggiunte altre informazioni e l’osservatore capisce che ciascun monitor è collegato a una diversa telecamera che sta inquadrando lo stesso pesce da un’angolazione differente. Pertanto, la separazione che si sperimenta attraverso i due monitor, che rappresentano la realtà misurabile e oggettiva, è solo apparente.

Esiste un livello sottostante dove non c’è separazione e tutto esiste solo nella totalità e nell’unità.

Un altro esempio è quello di un ruscello d’acqua dove si osservano due piccoli gorghi vicini. Sembrano due entità separate, ma questo è vero solo a un livello superficiale. Infatti, se si considera che i due gorghi sono formati dallo stesso flusso d’acqua, risulta subito chiaro che essi fanno parte della stessa totalità e addirittura perde senso chiedersi dove finisca uno e dove inizi l’altro, poiché sono manifestazioni della medesima acqua.

L’entanglement è l’espressione di quella che i fisici indicano come non-località, ossia il fatto che la separazione spaziale e temporale sembra non esistere nel mondo quantistico.

Per spiegarlo Bohm ha individuato due differenti ordini di realtà. Nella metafora dell’acquario, ad esempio, c’è il livello in cui si trovano i monitor, la realtà oggettiva e misurabile, che Bohm chiama ordine esplicato.

Mentre il livello sottostante è l’ordine implicato ed è qui che invece, ci si rende conto che il pesce è uno solo. Il livello dell’ordine implicato è quello della non-località, che può essere paragonato all’inconscio collettivo di Jung o all’Unus Mundus degli alchimisti.

La verifica dell’entanglement è stata inizialmente effettuata solamente per coppie di fotoni, ma attualmente è possibile osservarlo in insiemi contenenti milioni di atomi. Tuttavia, se è vero che è testabile solo a livello microscopico è altrettanto vero che non si può escludere a priori la sua estensione alla scala macroscopica e, in futuro, una sua eventuale verifica.

Uno stimolo in tal senso è costituito dal comportamento dei cosiddetti organismi collettivi, come i branchi di pesci, gli stormi di uccelli o certe colonie di insetti, all’interno dei quali si possono vedere in atto proprio legami istantanei tra i vari componenti, che sembrano così formare un’unica entità.

Il problema del limite di applicabilità della fisica quantistica è stato dibattuto a lungo da molti fisici ed è tuttora oggetto di molte discussioni. Se tale limite non esistesse? Se le leggi fossero comunque le stesse ad ogni livello dell’Universo? Si tratta solo di un’ipotesi, attualmente non verificabile con il classico metodo scientifico, eppure niente vieta di prenderla in considerazione e di riflettere seriamente sul fatto che, come le filosofie orientali e le culture native ci dicono da molto tempo, forse la frammentazione nell’Universo è solo una realtà illusoria e anche noi siamo sempre e istantaneamente connessi con tutto ciò che esiste e accade.

· Chiara Zagonel