L’intestino influenza la risposta immunitaria

Il microbiota intestinale è l’insieme dei microbi che vivono nel nostro intestino. Servono per coadiuvare la digestione, ma non solo, in quanto sono elementi fondamentali per lo sviluppo del sistema immunitario sin dalla nascita e per il mantenimento del nostro benessere mentale. L’intestino infatti, nei suoi trecento metri quadrati di ampiezza, ospita ben il 60-70% delle cellule immunitarie dell’organismo e produce il 95 % della serotonina, il neurotrasmettitore del “buon umore” per eccellenza.

La divisione anatomica tra intestino tenue e intestino crasso costituisce anche una differenziazione funzionale. Il tenue, infatti, ha come funzione primaria quella dell’assorbimento e della digestione del cibo grazie al contributo del succo pancreatico e della bile, ma soprattutto contiene follicoli linfoidi che prendono il nome di G.A.L.T (tessuto linfoide associato all’intestino) che costituiscono il più grande bacino del nostro sistema immunitario. In questa sede il maggior rappresentante dei batteri “amici” è il Lactobacillus Acidophilus, mentre nel crasso troviamo primariamente la famiglia dei Bifidobatteri, con la funzione di solidificare ed espellere il materiale fecale di scarto. Questa differenza di famiglie batteriche presenti nel tenue e nel crasso è fondamentale per la scelta corretta di eventuali probiotici da assumere.

L’imprinting materno nello sviluppo della flora batterica

Da quando comincia a svilupparsi la nostra flora batterica? In passato si pensava che alla nascita il canale intestinale del neonato fosse totalmente sterile e il bambino privo di difese immunitarie; oggigiorno si è scoperto, invece, che la placenta presenta un microbiota unico, per cui il feto non cresce in un ambiente completamente sterile ma risente del microbiota placentare, intestinale e vaginale della madre, confrontandosi dunque durante la gestazione con agenti sia patogeni che non patogeni.

La salute intestinale della mamma, quindi, influenza quella del feto. Inoltre ci sono altri due fattori che incidono sullo sviluppo futuro della nostra flora batterica: la modalità del parto (naturale o cesareo) e l’allattamento o meno al seno.

Mediante il parto naturale, attraversando il canale vaginale, il neonato entra in contatto con il microbiota vaginale che gli fornirà anch’esso un imprinting batterico specifico: varie ricerche hanno dimostrato come il 60% dei bambini nati con parto naturale presentino il Bifidobacteris infantis nel proprio intestino contro il 9% dei bambini nati con cesareo. Questo batterio è particolarmente importante in quanto è in grado di far fronte a microrganismi invasori quali Escherichia Coli e Salmonella ed è presente nel corpo umano solo fino al settimo anno di vita.

Il latte materno contiene sostanze nutritive antimicotiche, IgA che regolano il sistema immunitario e oligosaccaridi che consentono la crescita dei batteri benefici.

Il B.Bifidum e il B.longum, ad esempio, sono predominanti nei bambini allattati al seno, mentre in quelli allattati con latte vaccino si rileva la presenza elevata di batteri pericolosi quali Bacterioidi, Clostridium ed Escherichia Coli.

Il sistema gastrointestinale del neonato non è ancora però completamente maturo, le cellule nervose enteriche continuano a generarsi fino almeno al terzo anno di vita, per cui il sistema enterico di un neonato è in sviluppo; dunque le prime esperienze vissute da un intestino giovane possono influire sul suo comportamento futuro.

Disbiosi: cause, conseguenze e influenza sul sistema immunitario

Se le esperienze enteriche nei primi anni di vita sono complicate o la flora batterica impoverita, sarà più facile da adulti sviluppare disbosi.

La disbiosi è una condizione nella quale l’equilibrio tra le varie specie batteriche intestinali viene sovvertito e sbilanciato verso un eccesso di batteri fermentativi oppure di batteri putrefattivi, causando molteplici disturbi tra cui coliche e dolori addominali, meteorismo, dissenteria o stipsi.

Ma le conseguenze della disbiosi possono coinvolgere svariati distretti corporei, causando molte altre sintomatologie, quali: intollerganze alimentari  mal di testa, nervosismo, stanchezza, riniti, dermatiti, dolori articolari, malattie allergiche, scarsa resistenza immunitaria, ansia, depressione, disturbi dell’attenzione.

Questo perché il livello di gravità dello squilibrio intestinale può variare da lieve ad elevato.

Ci troviamo in presenza di disbiosi lieve quando i sintomi sono sporadici e legati solo alla sfera digestiva, mentre quando i sintomi cominciano a comparire in zone anatomicamente vicine a quella intestinale quali candida o cistite, allora la disbiosi può essere definita media.

La forma grave si raggiunge quando i patogeni migrano anche in zone distanti dell’organismo, provocando l’insorgenza di infiammazioni o infezioni ricorrenti.

La candida e la cistite sono dovute alla migrazione di patogeni intestinali in zone limitrofe per eccessivo ingombro nel lume intestinale, mentre le infezioni quali otiti o raffreddori recidivanti sono dovute alla porosità della mucosa intestinale che fa migrare nella circolazione i patogeni, i quali, tramite la barriera ematoencefalica, si diffondono in vari distretti organici.

La disbiosi dunque è fortemente collegata alla funzionalità del sistema immunitario, poiché l’infiammazione della mucosa intestinale diminuisce la quantità di batteri buoni che costituiscono il G.A.L.T, e facilita il proliferare di quelli patogeni.

Tra i fattori a cui dobbiamo prestare attenzione poiché contribuiscono all’insorgere della disbiosi, troviamo: lo stress, l’uso eccessivo di farmaci (antibiotici, antinfiammatori, antidepressivi, lassativi, contraccettivi orali), l’esposizione a inquinanti ambientali (tra cui il fumo), l’abuso di alcool e un’alimentazione scorretta.

Le intolleranze alimentari necessitano di un’attenzione a parte per l’importanza che svolgono sia nel determinare la disbiosi che esserne una conseguenza. Esse producono una risposta organica meno grave di quella allergica poiché non scatenano una risposta anticorpale specifica, motivo per cui spesso sono state additate come non realmente esistenti. Inoltre il tempo di scatenamento tra l’assunzione dell’alimento e la manifestazione organica può avvenire anche giorni dopo il contatto con l’alimento, perché le intolleranze si manifestano dopo il superamento nel tempo di un valore soglia dovuto ad un accumulo eccessivo della stessa medesima sostanza infiammatoria.

Mentre l’allergia si manifesta fin dai primi anni di vita, le intolleranze possono subentrare a qualsiasi età proprio perché sono legate ad un accumulo nel tempo e allo stato di salute del nostro intestino.

Continuare ad assumere alimenti per noi infiammatori può causare disbiosi, ma allo stesso tempo eventi avversi intestinali, come ad esempio gastroenteriti, possono lasciare un intestino indebolito che diventa terreno fertile per lo svilupparsi di intolleranze.

Il dato positivo però è che, a differenza delle allergie, le intolleranze possono scomparire attuando una sospensione temporale delle stesse e un buon lavoro di ripristino della corretta flora batterica intestinale.

· Aurora Costadoni