Parlare e comunicare rivolgendosi al cliente è sempre un campo molto complesso, intrecciato di mille fili che comunicano insieme a noi e che spesso non riusciamo a cogliere completamente.
In questo caso, che vuol dire “cliente”?
Forse, uno dei primi temi nel campo della comunicazione è permettersi di fare uno scambio alla pari, fra persone che desiderano e possono trarre utilità e giovamento dallo scambio stesso.
Già, perché, affinché la comunicazione sia corretta, anche l’operatore deve trarne un vantaggio: anche per lui/lei dev’essere un’esperienza preziosa.
Liberandoci dal pensiero antiquato che gli operatori del benessere siano una sorta di missionari che porgono assistenza e sostegno a chi ha bisogno, possiamo forse inquadrarli come dei professionisti che intercettano e colgono un desiderio di vita migliore, lo sostengono e contribuiscono a renderlo reale.
Ecco, allora, che per poter operare al meglio, per poter e saper essere efficace con il suo intervenire, occorre che il professionista proponga al cliente di fare un sodalizio, di aiutarsi l’un l’altro a inquadrare e definire il progetto del loro lavorare insieme.
Solitamente l’obiezione che arriva è: “ma loro vengono da me per un problema e io devo risolverglielo, per quello vengono da me e per quello ho studiato e sono diventato un professionista qualificato”.
Certo, è indubbio che abitualmente la persona, per poter ottenere un affiancamento debba presentarsi come portatore di un bisogno, ingabbiato in un problema.
Questa è un’abitudine molto diffusa nella nostra società: “mi interesso a te solamente poiché tu hai bisogno, altrimenti passo oltre”.
Ma, forse, anche questa angolatura può mostrarsi scaduta, antiquata, appunto, nel mondo nuovo che andrà delineandosi dopo la pandemia.
Forse, sarà più conveniente affiancarsi all’altro per costruire e dar vita a un progetto, invece, che chinarsi su di lui interessati e coinvolti dal suo essere in stato di bisogno.
Oggi, come non mai, la persona deve e richiede di essere garantita nella sua dignità piena di protagonista della sua esistenza; mai come adesso, il bisogno va affrontato e definito come un desiderio di miglioramento a cui affiancarsi, invece, che una contemplazione del peggio su cui addolorarsi insieme. In altre parole, se abbiamo bisogno di denaro per pagare l’affitto, il punto focale vero è il desiderio di abitare quella casa.
Non c’è bisogno che non sia lo spunto per dar vita e realtà a un desiderio.
Il benessere può realizzarsi davvero solo se il cliente è, insieme all’operatore, protagonista, attore e regista dell’avventura terapeutica.
Ecco, dunque, che andare a comunicare con il cliente diventa uno strumento musicale nelle nostre mani per andare a tempo con lui, per cogliere dove, in che modo, fino a che punto, l’altro potrebbe avere interesse a collaborare con noi.
Verso dove, molto più che allontanandosi da.
L’esperienza terapeutica del lavorare insieme, si fa dunque un’esperienza unica, inimitabile, modellata dalla realtà di due persone che con efficienza leggera contribuiscono a dar vita a un desiderio che hanno or ora individuato.
È il cliente che garantisce il proprio coinvolgimento, poiché è suo l’interesse a ottenere quel risultato che, grazie alla comunicazione con l’operatore, ha potuto e saputo individuare e definire, così da avviarsi insieme a farne una realtà.
Inoltre, se letta da questa angolatura, ogni sessione di incontro lascia al cliente un sapore di vittoria appagata, così che la stima per la professionalità dell’operatore si raccolga anche su di lui, come conferma della sua capacità di scegliere, individuare, intendersi con i suoi collaboratori.
· Maria Cristina Koch